Insieme ad Erice ed Entella fu una delle principali città degli Elimi, popolo della Sicilia occidentale che le fonti antiche presentavano come frutto dell’unione tra indigeni Sicani, Troiani sfuggiti alla distruzione della loro città e fuggiaschi provenienti da Focea. La città ebbe una parte importante nella storia dell’isola. Spesso in contrasto con la vicina Selinunte (si hanno notizie di conflitti già per il 580 e il 454 a.C.), nel 415 a.C. Segesta chiedendo, ancora una volta con i Selinuntini, aiuto ad Atene, fu all’origine della disastrosa spedizione ateniese sull’isola. Alleata, più tardi, di Cartagine, venne assediata da Dionisio il Vecchio nel 397 a.C. e quindi alla fine del IV sec. aC. distrutta da Agatocle che le cambiò il nome in Dicepoli. Risorta, si alleò nuovamente con i Cartaginesi, quindi con Pirro (276 a.C.), per poi passare definitivamente dalla parte di Roma ottenendo in cambio vasti territori e l’esenzione dei tributi (260 a.C.). Poco dicono le fonti sulla storia di Segesta in età romana ad eccezione del fatto che in questa città ebbe inizio la rivolta degli schiavi del 104 a.C. e che il centro venne distrutto dai Vandali. Occupata in periodo araba e quindi abbandonata, Segesta venne “riscoperta” nel XVI secolo da domenicano Tommaso Fazello che ne identificò i monumenti principali. Nel corso del Settecento, il tempio ed il fascino dei luoghi attirarono a Segesta studiosi e viaggiatori famosi come Jean Houel, Wolfgang Goethe, Jean Philippe d’Orville, l’abate di Saint-Non, mentre solo agli inizi dell’Ottocento si avviarono gli scavi più regolari ad opera del duca di Serradifalco. Le rovina di Segesta sono concentrate sulle due vette (probabilmente due acropoli) di monte Barbaro, a circa 4 km ad ovest di Calatafimi. Tracce di insediamenti umani di età preistorica e protostorica sono state individuate sull’Acropoli nord. Su quella Sud si concentrano invece i resti dell’abitato arcaico (seconda metà VI secolo) con case in parte scavate nella roccia, disposte sui terrazzamenti artificiali. Poco si conosce invece della città classica, cui segue, in età ellenistica romana una fase di occupazione così significativa da smentire l’ipotesi di uno spostamento della città verso Castellammare in età romana. L’abitato, organizzato scenograficamente su terrazze si estende adesso sull’Acropoli Sud, su parte di quella Nord e nell’area delle due alture. Notevoli di questa fase sono la cosiddetta “Casa del navarca”, l’agorà con portico nella sella tra le due acropoli, ed il teatro sulla vetta settentrionale, L’edificio, di cui è archeologicamente nota la fase posteriore al II secolo a.C., presenta una cavea semicircolare, appoggiata su un poderoso riempimento artificiale ed in parte sostenuta da un muro di contenimento in blocchi di calcare, nonché una scena rettangolare con due avancorpi laterali quadrati (parasceni) decorati da figure del dio pan. All’esterno della città, cinta peraltro da mura, con porte e torri, di età classica ed ellenistica, è invece, subito ad ovest dell’abitato, il tempio dorico, un semplice peristilio di 6×14 colonne su basamento di tre gradini, con architrave, fregio e frontoni ben conservati. L’assenza della cella interna e le colonne non scanalate hanno fatto pensare ad un’opera rimasta incompiuta; per la forma dei capitelli la costruzione è datata al 430-420 a.C. Ancora ai limiti della città, ma nella zona meridionale, si trova un santuario di notevoli proporzioni recintato da un robusto muro che doveva racchiudere al suo interno diversi edifici sacri. Non è noto quali culti vi fossero praticati. Se a partire dal I secolo d.C.inizia per Segesta un lento, ma inesorabile declino, con l’età medievale il centro torna a fiorire. A questa fase risalgono infatti il castello (XII secolo), annesso al teatro, la vicina chiesa triabsidata normanna, un quartiere di abitazioni ed una interessantissima moschea.
Aggiungi ai preferitiParco Archeologico di Segesta
