Parco Archeologico di Selinunte

Le rovine di un tempio nel Parco Archeologico di Selinunte

Il Parco archeologico di Selinunte è oggi il parco archeologico più grande d’Europa. Il Sito fu fondato da genti provenienti da Megara Hyblaea nel 628 a.C. sulla costa sud occidentale dell’isola circondata da un’ampia chora delle fertilissime colline, raggiunse presto stabilità e benessere. La vicinanza degli emporia fenico-punici, che occuparono la punta occidentale dell’isola, doveva diventare decisiva per le sorti della colonia, prima per i commerci, poi come minaccia. L’insediamento urbano si stendeva su una collina composta da una rupe prospiciente il mare – ideale per l’acropoli col suo grande santuario – ed un ampio pianoro più a nord destinato ai quartieri residenziali. Fiancheggiata a est e ovest da due profonde insenature, adatte all’approdo delle navi, e da due corsi d’acqua, il Selinus (oggi Modione) ad ovest ed il Gorgo Cotone ad est, l’area trovava la sua naturale definizione. Tale superficie fu presto rinchiusa nelle mura che separarono la zona urbanizzata ampia circa 110 ettari, dalle vaste terre agricole, asty e chora, che formavano tuttavia, nel concetto dei Greci, una indivisibile unità, la polis. Legame sancito dai due grandi santuari extramurani, col monumentale gruppo dei tre templi peripteri sulla Collina Orientale e con la serie di santuari e recinti sacri lungo le dune della contrada Gaggera ad ovest del fiume Modione. Seguivano le necropoli che circondavano la città, con una particolare estensione in direzione ovest. L’entroterra rurale, archeologicamente ancora poco noto, si stendeva quasi a perdita d’occhio fino a circa 30 chilometri di raggio intorno al centro urbano. Questo era connotato, già all’inizio del VI secolo a. C. dall’orotogonalità delle assi stradali di differenti ordini di larghezza, le plateiai (9 metri circa) e le altre di circa 6,50 metri e 3,5 metri. I due grandi quartieri che compongono l’intera città sono divisi dall’agorà. Le strade più strette, gli stenopoi dividono gli isolati abitativi e dimostrano la semplicità e rigidità del sistema. Altrettanto egualitaria era la divisione delle parcelle in lotti (oikopeda) in quadrati uguali. Questa distribuzione subì modifiche, ma fu ristabilita nei primi decenni del V secolo a. C. in una fase di ricostruzione con grandi blocchi squadrati e ben rifiniti. un fatto anomalo per l’edilizia residenziale greca dell’età classica. Il lusso abitativo rispecchia la prosperità della città che già a partire dalla metà del VI secolo a. C. comincia a dotarsi di grandi monumenti pubblici. Non meno di sette templi peripteri, tra cui uno dei più grandi templi del mondo greco, il cosiddetto Tempio G sulla Collina Orientale, nascono tra la metà del VI e la metà del V secolo a.C. Il tempio centrale e principale del santuario urbano sull’acropoli, denominato convenzionalmente Tempio C, era il prototipo per il particolare concetto templare delle colonie siceliote. La grande enfasi data alla fronte come lato d’ingresso al tempio nonchè agli ambienti destinati ad ospitare manifestazioni di culto, sono le caratteristiche più salienti. La loro importanza per la vita della comunità urbana venne esaltata dalla ricchissima decorazione scultorea e pittorica. Particolarmente famosi sono i rilievi metopali scavati a partire dal 1823 tra le rovine dei templi e diventati poi il tesoro del Museo Archeologico di Palermo. Dalle metope del cosiddetto Tempio Y, il primo dei templi peripteri selinuntini, alle forti immagini del Tempio C, da quelle del tardo arcaico Tempio F sulla Collina Orientale, fino al grandioso ciclo delle metope del vicino Tempio E, si segue un’evoluzione artistica del più alto livello, che evidenzia il carattere quasi personale della colonia siceliota, almeno per quanto riguarda l’età arcaica. Di imparagonabile forza espressiva nelle immagini mitologiche di questa età, si raggiunge infatti, con le metope del Tempio E o di Hera, la maturità dello Stile Severo che permette di confrontare le opere selinuntine con le più importanti dell’arte coeva nella madrepatria greca. Lo splendore della ricca città arcaico-classica si spegne in un colpo nel 409 a.C. quando i Cartaginesi, in una situazione politica profondamente mutata, assediano e prendono la città in pochi giorni radendola al suolo ed estirpando l’intera popolazione. Riconquistato dai Greci sotto la guida del siracusano Ermocrate, il luogo cambia carattere diventando d’ora in poi un avamposto fortificato che passerà dai Punici ai Siracusani e viceversa. Soltanto nella seconda metà del IV sec a.C. nella pace timoleontea, rinasce un insediamento all’interno delle mura, che cingono soltanto un decimo della superficie originale. Questa nuova cittadina mostra però i segni di un profondo cambiamento culturale: erano sicuramente Punici immigrati o trasferiti dall’Africa settentrionale a stabilirsi tra le sue rovine e  ricostruirvi le loro case e i loro luoghi sacri. La pace fu ancora una volta interrotta dalla occupazione del siracusano Agatocle che, al ritorno dalla sua capagna d’Africa, inventerà l’imponente complesso di fortificazioni intorno alla cosiddetta Porta Nord dell’acropoli che doveva diventare il più raffinato fortilizio della nuova arte poliorcetica ellenistica. Il concetto strategico basato sulla difesa offensiva e preventiva trova l’unico valido confronto nell’imponente opera del Castello Eurialo di Siracusa stessa. Anche questa opera non sarà sufficiente, tuttavia, a proteggere la ormai piccola città-fortezza dall’avanzata dei Romani nella prima guerra punica. Abbandinato nel 250 a.C. dai suoi abitanti il uogo non venne più occupato in tutta l’antichità. Soltanto in epoca bizantina rinasce un modesto insediamento, intorno al castro costruito sopra le rovine dei templi classici A e O sulla punta meridionalemdell’acropoli, e poche tracce dimostrano una contonuità di povera vita fino nell’alto Medioevo. La torre di guardia costiera costruita sotto la minaccia turca nel Seicento costitirà il primo appoggio si oggiorno per i visitatori dell’era moderna.

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