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Il Cioccolato di Modica è uno dei simboli gastronomici più importanti non solo della città del barocco ma anche di tutta la Sicilia. Oggi è conosciuto ed esportato in tutto il mondo e, durante il G7 a Taormina nel 2017, Melania Trump fece addirittura il bis. Il Cioccolato di Modica rientra tra i Prodotti Agroalimentari italiani e dal 2018 è tutelato dal marchio IGP. A rendere unico questo prodotto è il suo gusto “grezzo” e quasi primordiale. Questo è il frutto del particolare procedimento con cui viene realizzato, la cosiddetta “lavorazione a freddo”. La massa di cacao viene unita allo zucchero ad un temperatura compresa tra i 45 e i 50 gradi. Questo fa sì che quest’ultimo non si sciolga e rimanga sotto forma di cristalli. Il risultato è un cioccolato dalla consistenza granulosa dove sono perfettamente distinguibili tutti gli ingredienti. In questo articolo scoprirete la storia, il metodo di produzione e gli ingredienti del Cioccolato di Modica.
Cacao, cioccolato e Modica: un po’ di storia
Il primo incontro tra il cacao e il mondo europeo avviene quando Cristoforo Colombo scopre l’America. Le popolazioni mesoamericane che abitavano il continente coltivano il cacao già da diversi secoli e lo utilizzavano anche come moneta di scambio. L’imperatore azteco Montezuma accolse i primi conquistadores offrendo loro una bevanda dal potere afrodisiaco che chiamavano xocoàtl Quando Colombo la assaggiò non fu però amore a prima vista e, al suo ritorno in Spagna, al momento di mostrare alla regina Isabella di Castiglia le piante di cacao che aveva portato non mostrò grande entusiasmo. Questo perché la xocoàtl era una bevanda spiccatamente amara, con un gusto molto diverso da quello della cioccolata calda a cui siamo abituati oggi. Il gesuita José de Acosta nel 1590 descrive le abitudini di consumare il chocolaté da parte degli spagnoli trapiantati in Messico con queste parole:
“…Disgustoso per coloro che non lo conoscono, con una schiuma o pellicola in superficie che è molto sgradevole al gusto. Tuttavia è una bevanda molto apprezzata dagli indiani, che la usano per onorare i nobili che attraversano il loro paese. Gli spagnoli, sia uomini sia donne, che si sono abituati al paese sono molto golosi di questo Chocolaté. Dicono di prepararne diversi tipi, caldi, freddi, tiepidi, e di aggiungervi molto chili; ne fanno inoltre una pasta che dicono essere buona per lo stomaco e contro il catarro.”
Basta un poco di zucchero…
Probabilmente furono proprio le monache messicane a trovare il rimedio per rendere gradevole questa bevanda, aggiungendo lo zucchero. Questo ingrediente infatti non era conosciuto in America ma era già molto diffuso in Europa e coltivato alle Canarie. Questa modifica cambierà la storia di questa cioccolata primordiale che inizierà a diffondersi, inizialmente solo in Spagna, tra la nobiltà e gli ordini ecclesiastici. A utilizzare il cioccolato nel Sedicesimo secolo furono esclusivamente la Spagna e poche corti europee con cui il Paese aveva forti legami. Tra questa c’erano il Piemonte, la Firenze dei Medici e la Francia oltre ovviamente alla Contea di Modica.
Perché si sviluppò proprio a Modica?
Facciamo un passo indietro. Dopo il 1282, con l’inizio della dominazione aragonese della Sicilia, il territorio di Modica viene dichiarato Contea, diventando uno degli stati feudali più importanti del Mezzogiorno d’Italia. Il rapporto con la Spagna si rafforzò quando nella Contea fece il suo ingresso il casato di origine Catalana dei Cabrera. Nel 1481 Anna Cabrera sposa Federico Enriquez, primo cugino del Re di Spagna Ferdinando il Cattolico. Questo garantirà alla Contea di Modica un’ampia autonomia sia economica che politica. Soprattutto garantisce una via di accesso preferenziale a tutte le nuove merci che arrivano in Spagna. I fichi d’India ad esempio arrivarono in Sicilia già subito dopo i primi viaggi di Cristoforo Colombo. E questo valse anche per il cacao. Inizialmente, visto il costo di questa materia prima, il cioccolato fu a beneficio esclusivo dell’aristocrazia siciliana e degli ordini ecclesiastici.
La battaglia della Chiesa al cioccolato
Quando la nuova bevanda arrivò in Sicilia la Chiesa ne vietò subito il consumo perché considerato “lascivo e decadente”. Dopo un secolo di dispute tra Gesuiti e Domenicani, papi e cardinali nel 1662 una nuova bolla sancì che il consumo della cioccolata in tazza non rompeva il tradizionale digiuno della Quaresima. Bisognerà aspettare l’Unità d’Italia e l’ascesa della piccola e media borghesia per vedere allargato il consumo della cioccolata e parallelamente la comparsa dei primi venditori ambulanti: i ciucculattari.
Il metodo di produzione dei Maya
La lavorazione tradizionale del cioccolato di Modica è quella che utilizzavano le popolazioni mesoamericane e che i conquistadores importarono insieme al cacao. Questo metodo viene ancora utilizzato in Messico dai discendenti dei Maya Chontal. In Europa, oltre a Modica, è sopravvissuto anche in Spagna nelle città di Villajoyosa e in Catalogna, dove si prepara la xocolata a la piedra e in Francia a Bayonne. Si parte dalla tostatura dei semi cacao a cui segue quella della macinatura su una pietra chiamata metate, utilizzando un pestello: il metlapil o mano. La massa di cacao così ottenuta veniva unita ad acqua e farina di mais e quindi versata dall’alto varie volte in modo da far formare la schiuma caratteristica. Questa bevanda poteva essere aromatizzata con l’aggiunta di miele, peperoncino, spezie e fiori.
La leggenda sulla nascita del cacao
Secondo una leggenda azteca il cacao sarebbe un dono del dio Quetzalcoatl. Si narra che una principessa fu lasciata a guardia di un immenso tesoro dal marito partito in guerra. Raggiunta dal nemico si rifiutò di rivelare il luogo dove era nascosto il tesoro e per questo fu uccisa. Quetzalcoatl allora volle premiare la sua fedeltà facendo nascere dal suo sangue una pianta di cacao. I suoi frutti nascondono un tesoro: dei semi amari come le pene d’amore, forti come la virtù della ragazza e rossi come il sangue.
Il metodo di produzione modicano
Nella lavorazione modicana, la fase della tostatura è chiamata atturata, mentre il metate e metaplil sono diventati la valata ra ciucculata e il pistuni. I semi di cacao tostati venivano messi sulla valata che era riscaldata con un fuoco alimentato da carbone in modo che la temperatura fosse sempre compresa tra i 35 e i 40 gradi. Questo faceva sì che il burro di cacao si sciogliesse dolcemente. I semi venivano triturati con pistuni di diverso materiale fino ad arrivare alla cosiddetta massa di cacao. Arrivati a questo punto il processo si differenzia rispetto al metodo azteco per l’utilizzo dello zucchero. La massa di cacao infatti viene prima sciolta a bagnomaria e successivamente si procede ad aggiungere lo zucchero aromatizzato. Come ci racconta Leonardo Sciascia nel suo saggio sulla contea di Modica, i gusti erano solo due:
«…È di due tipi, alla vaniglia e alla cannella, da mangiare in tocchi o da sciogliere in tazze: di inarrivabile sapore, sicché a chi lo gusta sembra di essere arrivato all’archetipo, all’assoluto, e che il cioccolato altrove prodotto — sia pure il più celebrato — ne sia l’adulterazione, la corruzione».
La massa di cacao, che con l’aggiunta dello zucchero è diventata cioccolato, veniva versata in appositi stampi di latta (lanne ra ciucculati). Iniziava così la fase della battitura in modo da far affiorare eventuali bolle d’aria e rendere la cioccolata lucida e compatta.
La nascita del cioccolato moderno
Durante l’Ottocento progresso scientifico e innovazioni tecnologiche sancirono il successo su larga del cioccolato in Europa. È il 1826 quando a Torino Pierre Paul Caffarel comincia la produzione di cioccolato in grandi quantità grazie a una nuova macchina capace di produrre oltre 300 chili di cioccolato al giorno. Nel 1828 Caspar Van Houten brevetta l’invenzione del figlio Coenraad: una pressa con la quale eliminare la maggior parte dei grassi presenti nei semi di cacao, estraendo dalle fave il burro e ottenendo dei pani molto compatti, facili da macinare e ridurre in polvere. Nel 1875 Henry Nestlé e Daniel Peter realizzano con il latte in polvere la prima tavoletta al latte mentre nel 1879 Rudolph Lindt inventa il processo conosciuto come concaggio. Questo consiste nel lavorare il cioccolato fuso a lungo aggiungendo del burro di cacao. Il concaggio permette di avere un prodotto più omogeneo e che si scioglie immediatamente al contatto con il palato, per questo viene chiamato cioccolato fondente.
Il cioccolato di Modica oggi
Nonostante tutto questo a Modica si continua a fare il cioccolato alla vecchia maniera. C’è chi dice che il motivo della mancata industrializzazione sia dovuta alla carenza nella Contea di capitali per sostenere l’industrializzazione del processo. Quale che sia il motivo l’importante è che questo antico metodo di produzione si sia salvato. Nonostante alcune modifiche introdotte per essere in linea con le norme igienico sanitarie e con quelle dell’Unione Europea, quello che possiamo mangiare oggi di fatto è lo stesso Cioccolato di Modica che gustava Leonardo Sciascia. Tutte le modifiche introdotte, inoltre, non hanno fatto altro che aumentare la resa delle materie prime e migliorare la qualità del prodotto finito. Oggi la tostatura della fave di cacao viene fatta direttamente nel paese di origine per evitare che durante il trasporto insorgano muffe e batteri. Questo permette ai produttori di scegliere il cacao con un rapporto diretto con i coltivatori e avere un maggior controllo sui processi di fermentazione e tostatura. La valata ra ciucculata e i pistuna sono stati sostituiti da una raffinatrice a rulli mentre gli stampi non sono più di latta ma in acciaio inox per alimenti o in materiale plastico.
L’Antica Dolceria Bonajuto: il tempio del Cioccolato di Modica
Il Cioccolato di Modica viene prodotto oggi da circa 30 cioccolatieri, può contare su un Consorzio di Tutela ed è famoso in tutto il mondo. Alla fine degli anni ‘80 la situazione era però molto diversa. Le dolcerie a farlo erano solo due o tre e questo prodotto rischiava di scomparire per sempre. Se questo non è successo il merito è di Franco Ruta, titolare dell’Antica Dolceria Bonajuto dall’inizio degli anni Novanta fino alla sua prematura scomparsa nel 2016. L’Antica Dolceria Bonajuto è la più antica fabbrica di cioccolato di Sicilia ancora in attività e una delle più antiche d’Italia. Si trova ancora lì dove è stata fondata nel 1820 in un vicoletto a pochi passi dal Duomo di San Pietro. Ogni giorno tantissimi turisti e modicani fanno la fila per ammirare questa splendida dolceria e acquistare tavolette di cioccolato e altre preparazioni tipiche della città di Modica come le ‘mpanatigghi, cedrata e aranciata.
Franco Ruta e la promozione del Cioccolato di Modica
Quando Franco Ruta subentrò nel 1992 nella gestione della Dolceria iniziò, insieme al nipote Pierpaolo, un paziente e meticoloso lavoro di ricerca sulle antiche ricette iblee e in particolare sulla lavorazione a freddo del cioccolato. Forte di tutte le scoperte fatte, Franco Ruta diventa un vero e proprio divulgatore, innescando per primo il boom dell’oro nero modicano. A scatenare in Italia l’interesse per il Cioccolato di Modica fu una puntata del Maurizio Costanzo Show andata in onda nel 1999. Durante la trasmissione, dove c’era ospite proprio Franco Ruta, il conduttore ha assaggiato una tavoletta di cioccolato e invitato il suo pubblico a visitare la città.
Il Cioccolato nelle preparazioni tipiche di Modica
Oltre ad essere un prodotto straordinario in purezza, il Cioccolato di Modica è anche un ingrediente di preparazioni antiche e moderne. La ricetta più famosa è sicuramente quella delle ‘mpnatigghi.
Le ‘mpnatigghi modicane
Si tratta di di biscotti di pasta frolla con un ripieno di cioccolato, controfiletto di manzo, mandorle e cannella. L’unione della carne con il cioccolato è sicuramente insolita nella cucina tradizionale siciliana e italiana mentre ha alcuni precedenti in quella messicana e spagnola. Sembra che questa particolare preparazione sia nata proprio durante la dominazione aragonese come testimonierebbe anche il nome, chiaro riferimento alle empanadas spagnole.
Le nuove preparazioni con il Cioccolato di Modica
Una rivisitazione recente delle ‘mpanatigghi sono le liccumìe. Si tratta di un dolce inventato da Francesco Ruta dell’Antica Dolceria Bonajuto dove la carne nel ripieno è stata sostituita dalle melanzane. Il Cioccolato di Modica oggi è utilizzato e valorizzato anche dai piatti di numerosi chef, primi fra tutti quelli della città di Modica. E proprio dall’abbinamento tra melanzane e cioccolato era ispirato “A’ cioccolatta“, dolce presente qualche anno fa nel menù degustazione del ristorante, una stella Michelin, Accursio Ristorante. Se volete confrontarvi con l’alta cucina o se siete semplicemente curiosi o appassionati nel libro “Cioccolato di Modica. Un sapore antico nella cucina d’autore” potete trovare più di 60 ricette dolci e salate create da celebri chef. Da quelle dei siciliani Peppe Barone, Accursio Craparo, Vincenzo Candiano, Pietro D’agostino e Massimo Mantarro, fino ad arrivare ad Antonino Cannavacciuolo, Paola Budel e Giancarlo Perbellini.
Chocomodica: l’appuntamento annuale sul Cioccolato di Modica
Dal 2005 al 2008 la città di Modica ha ospitato la versione in trasferta di Eurochocolate, evento internazionale che si tiene ogni anno ad ottobre nella città di Perugia. Dal 2009 e fino al 2012, il Comune di Modica, in collaborazione con Fine Chocolate Organization, ha organizzato l’evento denominato Chocobarocco in sostituzione di Eurochocolate. Dal 2016 l’evento di riferimento per tutti gli appassionati del Cioccolato di Modica si chiama ChocoModica e si tiene nel mese di dicembre.