Le rovine del Tempio dei Dioscuri o Tempio di Castore e Polluce, uno dei simboli della Valle dei Templi di Agrigento
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Il Tempio dei Dioscuri o Tempio di Castore e Polluce è sicuramente uno dei simboli della Valle dei Templi, insieme a quello della Concordia. Il suo aspetto attuale però è frutto di un processo di ricostruzione dell’Ottocento, fatto dalla Commissione di antichità della Sicilia. Per farlo sono stati utilizzati elementi di edifici di epoche diverse. La dedica ai Dioscuri, cioè a Castore e Polluce che nella mitologia greca erano i figli di Zeus, è una convenzione. È stata attribuita sulla base di un’opera dello scrittore greco Pindaro dove si parla di alcune celebrazioni dedicate ai Dioscuri nell’antica Akragas. 

Il Tempio dei Dioscuri: le origini del nome

Il Tempio dei Dioscuri è uno dei tanti esempi nella Valle dei Templi di Agrigento di attribuzione convenzionale di un culto ad un santuario. Non esiste infatti nessuna fonte che attesti che in quest’area sorgesse un tempio dedicato ai Dioscuri, cioè ai figli di Zeus Castore e Polluce. Le rovine del tempio ricadono nell’area cosiddetta Santuario delle Divinità Ctonie, dove sono presenti resti di vari edifici dedicati al culto della fertilità. È quindi molto più probabile che la dedica fosse alle divinità Demetra e Persefone (chiamata anche Kore). L’attribuzione ai Dioscuri è stata fatta sulla base di uno dei componimenti del poeta greco Pindaro. Nella sua ode Olimpica III: Per Terone di Agrigento, con il carro, per le Teossenie parla infatti di alcune feste in onore ai Dioscuri che si celebravano nell’antica Agrigento. 

Le rovine del Tempio di Castore e Polluce

I resti del Tempio dei Dioscuri, così come li vediamo oggi sono in realtà una ricostruzione eseguita dalla Commissione di antichità della Sicilia tra il 1836 e il 1852. Per farlo sono stati utilizzati elementi di edifici di epoche diverse. I capitelli e il fregio appartengono al tempio originario mentre il geison risale ad un restauro del tempio in epoca ellenistica. È probabile infatti che fosse stato bruciato dai Cartaginesi nel 406 a.C. In origine il tempio era esastilo, cioè con sei colonne sul lato corto mentre sul lungo ne aveva tredici. Al suo interno erano presenti il pronao, cioè un atrio di ingresso, il naos (o cella) cioè l’area dove era custodita la statua della divinità e un vano posteriore chiamato opistodomo.

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