Festa di Sant’Antonio Abate (Misterbianco)

    Sant’Antonio Abate, patrono di Misterbianco, è festeggiato con due eventi: la festa liturgica, ogni anno il 17 gennaio, e la grande festa solenne celebrata con cadenza triennale. Gli ultimi festeggiamenti si sono svolti nel 2016, pertanto a gennaio del 2019 è già stata annunciata la grande festa, tanto attesa, che avrà luogo la prima domenica di agosto. I lunghi preparativi coinvolgono quasi tutta la popolazione di Misterbianco suddivisa, per antica tradizione, in quartieri, detti anche “partiti”. Suggestivo è il momento noto come “festa del fuoco”, quando, durante la processione, un lungo spettacolo pirotecnico illumina i cieli di Misterbianco per quasi quattro ore.

    L’antica devozione per il santo eremita

    Sant’Antonio Abate nacque a Coma, in Egitto, nel 250 d.C., apparteneva ad una famiglia piuttosto agiata, ma alla morte dei suo genitori, donò tutti i suoi averi ai poveri e decise di fare vita da eremita. Visse per lungo tempo in una cavità scavata nella roccia; si dedicò ad aiutare e confortare i cristiani perseguitati dall’imperatore Massimiliano e alla lotta contro le eresie. Morì all’età di 105 anni, il 17 Gennaio del 355, sul monte Qolzoum, in Egitto.
    La venerazione verso il santo, si diffuse subito e nonostante sia un santo vissuto lontano dall’Italia, il suo culto è molto diffuso in Sicilia. É noto come protettore contro le epidemie, patrono dei macellai, dei contadini, degli allevatori e protettore degli animali domestici e da allevamento. Infatti, tra i riti che caratterizzano le celebrazioni in suo onore, vi è quello della benedizione degli animali domestici; inoltre, era antica tradizione collocare una sua immagine sulla porta delle stalle così da invocarne la protezione.
    La festa religiosa, celebrata il 17 gennaio, ha origini antichissime, fin dal 473 è diffusa sia in Oriente che in Occidente.
    A Misterbianco, si ha testimonianza di una prima chiesa a lui dedicata in contrada “Sant’Antonio Raitu” (che significa “eremita”), in campagna. Il culto si trasferisce in città nel XVII secolo, quando nella chiesa madre intitolata alla Madonna delle Grazie, fu dedicato un altare a Sant’Antonio Abate. La piccola chiesa in campagna, scampata all’eruzione dell’Etana del 1669, divenne invece luogo di eremitaggio per laici, monaci e sacerdoti, ma oggi non esiste più.
    Si ha notizia della festa locale fin dal 1695, invece, è nel 1750 che il santo è eletto patrono di Misterbianco ed è autorizzata la grande feste solenne che ancora oggi si celebra, ma con cadenza triennale, la prima domenica di agosto.
    La tradizione dei grandi ceri votivi trasportati su “varette” processionali riccamente decorate, candelore, ha, anch’essa, origini antichissime. Su un inventario del 1790 si trovano elencate otto “varette” così individuate: quella del clero e del magistrato, degli ortolani, dei maestri manganelloti, dei cordonari, due dei massari e due dei vigneri. Oggi vi sono solo quattro candelore, appartenenti alle corporazioni oggi identificate come: carrettieri e camionisti, vigneri, pastori e maestri.

    La grande festa della prima domenica di agosto

    Nell’anno in cui cade il periodo della grande feste di agosto, il relativo annuncio ufficiale viene dato dal parroco il occasione della festa liturgica del 17 gennaio, quindi iniziano i lunghi preparativi di cui si occupa un’apposita Commissione Centrale insieme ad altre otto commissioni di cui quattro fanno riferimento ai “partiti”(Sant’Orsola, San Nicolò, Madre Chiesa detta anche “dei mastri”, Sant’Angela Merici) cioè i quartieri in cui è suddivisa la città; le altre quattro si riferisto ai cosiddetti Cerei. Questi ultimi sono i raggruppamenti che rappresentano delle categorie di lavoratori (carrettieri, camionisti, vigneri, pastori e maestri), essi hanno il compito di preparare i grandi ceri votivi che accompagnano la processione. Elementi caratterizzanti delle celebrazioni solenni della prima domenica di agosto sono infatti queste alte strutture dai decori barocchi che rappresentano dei grandi ceri offerti al santo. Un tempo, tra le varie corporazioni, esisteva una vera e propria competizione nell’offrire il cero più grande al santo. Pertanto, con il tempo, si è diffuso l’uso di grandi e alte strutture adatte a trascinare gli enormi ceri: dei veri e propri fercoli processionali noti come “varette”.
    I festeggiamenti, che culminano la prima domenica di agosto, sono scanditi, in realtà, nelle cinque giornate precedenti con una serie di appuntamenti che hanno sia caratteri religiosi che folcloristici.
    A partire dalla mattina del venerdì precedente, i grandi ceri, sulle “varette”, fanno il giro della città. Il sabato, nella chiesa di San Nicolò, la reliquia viene esposta alla venerazione dei fedeli. Poi, la sera ha inizio la processione con il reliquiario; partecipano al solenne corteo le autorità civili e militari, le confraternite locali e i “partiti” con i rispettivi gonfaloni. L’itinerario della processione, per tradizione, si svolge lungo le vie San Giuseppe, Garibaldi, Matteotti e via Giordano Bruno, per concludersi, sul sagrato della Chiesa Madre, con la benedizione. Sulla via Matteotti, si dispongono le quattro grandi candelore che accompagnano da lì in poi la processione. Ai Quattro Canti, prima, del rientro in chiesa, si assiste alla caratteristica e tanta attesa “festa del fuoco”: un lungo spettacolo di fuochi d’artificio che tiene tutti con il naso in su per circa quattro ore.
    La domenica la città si veglia già alle 7 del mattino con i colpi di cannone e il suono festoso delle campane. Quindi, hanno luogo due processioni con il simulacro del santo, una la mattina, l’altra durante la sera. La statua è preceduta dai ceri; in alcuni punti, durante il percorso processionale, si assiste alla tradizionali cantate che i “partiti” dedicano al santo, mentre all’arrivo della processione ai Quattro Canti, si assiste ancora una volta allo spettacolo pirotecnico.

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