U pisci a mari

    Curiosa tradizione della città di Aci Castello, in provincia di Catania, U Pisci a mari, è una forma di rappresentazione teatrale, meglio detta pantomima, che rievoca i gesti della pesca del pesce spada. Tale rappresentazione fa parte dei riti che si svolgono in occasione dei festeggiamenti del santo patrono, San Giovanni Battista, nel pomeriggio del 24 giugno.
    I personaggi cioè il capopesca, noto in dialetto come ràisi, il capo barca (suttarràisi), il fiocinatore (fiscinaru), il rematore (rimaturi) e il pesce (rappresentato da un abile nuotatore), si recano danzando a suon di musica, dopo aver rallegrato le vie della città, al molo dove ha luogo la pantomima. La caratteristica messa in scena raduna una gran folla di spettatori assiepata sul molo e sulle barche in mare. U pisci a mari (il pesce a mare) è un rito che ha origini propiziatorie e si configura come una manifestazione folcloristica ispirata, in parte, ad un episodio narrato ne I Malavoglia di Giovanni Verga, noto autore siciliano che ambienta il suo romanzo, i cui protagonisti sono i membri di una famiglia di pescatori, proprio in una frazione di Aci Castello, ad Aci Trezza. 

    L’antica pesca del pesce spada e una tradizione iniziata nel XVIII secolo

    L’originale tradizione popolare di Aci Castello, inserita tra i riti dei festeggiamenti in onore di San Giovanni Battista, risale al lontano 1750, anno in cui fu inaugurata la statua lignea del Santo Patrono. I legami tra la rappresentazione scenica, parodia della pesca del pesce spada, che un tempo era molto diffusa tra le acque dello Stretto di Messina, e il santo sono poco chiari. Il rito ha, invece, sicuramente, chiari riferimenti propiziatori ed era usanza rivolgere una preghiera al santo per ingraziarsi una pesca abbondante. Rito iniziale della pantomima è, infatti, l’invocazione a San Giovanni Battista che i personaggi rivolgono innanzi la chiesa madre prima di recarsi al molo e dare inizio alla pesca. I ruoli dei personaggi sono tratti da quelli che guidavano e gestivano, anticamente, la pesca: un marinaio detto ràisi, era quello che dall’alto dell’antenna sulla barca osservava le acque del mare in attesa di avvistare il pesce spada; gli altri pescatori attendevano il segnale su un’altra barca più piccola, essi sono i rematori; al grido del ràisi iniziava la caccia; il fiocinatore, fiscinaru, doveva essere abile ad infocare al momento giusto il pesce così da catturarlo. I dettagliati procedimenti degli abili pescatori di pesce spada, sono tradotti in parodia nella rappresentazione de U pisci a mari di Aci Castello, essa qui rappresenta, nella tradizione locale, la continua lotta con la natura per sopravvivere, in una terra, come quella della cittadina in provincia di Catania, che fa della pesca la sua principale fonte di sostentamento.
    Una ricca documentazione fotografica della particolare manifestazione, raccolta nel corso degli anni, è sempre esposta, ai curiosi interessati, presso il Museo Casa del Nespolo di Aci Trezza. 

    U pisci a mari tra i festeggiamenti in onore di San Giovanni Battista

    Nella giornata al centro dei festeggiamenti in onore del santo patrono, il pomeriggio del 24 giugno, a partire dalle 17, sei uomini che rappresentano i protagonisti della pantomima della pesca percorrono le strade della città ballando al suono della banda musicale che li accompagna. Il clima di gioia coinvolge la gente che accorre numerosa per strada e si appresta a recarsi al molo per assistere alla rappresentazione a mare. Gli attori che rappresentano i pescatori sono scalzi e vestono abiti tipici che ricordano le vesti dei marinai e i colori associati al santo patrono: indossano dei calzoni corti stracciati, una maglia rossa con una fascia gialla a tracolla, un cappello di paglia ornato con fiori e nastri gialli e rossi, altre fasce colorate sono legate alle caviglie e ai polsi. Portano con sé gli strumenti che serviranno per la pesca e oggetti che caratterizzano il loro ruolo. Come su descritto, infatti, ciascuno ha un ruolo specifico nel rito della pesca, c’è chi ha il compito di avvistare il pesce e guidare la pesca, chi rema con agilità per inseguire la preda e chi ha il compito di prendere la mira al momento giusto e infilzare il pesce spada con la fiocina.
    Durante il percorso fino al molo, è di rito una sosta innanzi la chiesa madre, qui i pescatori, in piazza Giovanni Verga, pronunciano la loro invocazione a San Giovanni Battista affinché la pesca possa essere redditizia. Quindi, si recano al molo dove una folla di spettatori attende assiepata o sulle barche a mare per osservare meglio la scena rappresentata.
    Il primo rituale che dà inizio alla pesca è la “cala della barca”, questa viene addobbata con i nastri dai colori caratteristici rosso e giallo e lascia gli ormeggi allontanandosi in mare. Due dei pescatori rimangono sul molo, loro hanno il compito di avvistare il pesce che è impersonato da un nuotatore che si divincola e si nasconde abilmente tra le barche in acqua.
    Il ràisi, colui che dirige la pesca grida, ai compagni marinai, tradizionali frasi in dialetto, una volta avvistato il pesce, indica agli altri dove dirigersi e da indicazioni come: a luvanti, a punenti, a sciroccu. Dopo diversi tentativi, la cattura del pesce sembra giunta al termine, gli applausi degli spettatori e la banda che suona segnano il momento del successo, ma il pesce riesce a fuggire e a rigettarsi in mare. Una serie di imprecazioni dialettali mostrano lo sconforto e la rabbia dei pescatori che riprendono la caccia del pesce. Si alternano momenti di cattura e nuova fuga della preda fino a quando, il ràisi, in preda alla disperazione perché per l’ennesima volta la preda riesce a sfuggire, si getta in mare e i pescatori agitati capovolgono la barca. A questo punto la parodia della pesca ha termine: è la vittoria della natura sull’uomo in una eterna lotta per la sopravvivenza.

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