Festa di San Giuseppe (Poggioreale)

    I festeggiamenti in onore di San Giuseppe sono molto sentiti in Sicilia, dove l’antico culto per la Dea Cerere si fonde con la devozione per il santo. In questa occasione, molte città e comuni siciliani mutano il proprio aspetto, trasformandosi in teatri a cielo aperto, dove il sentimento religioso e le antiche tradizioni danno vita a spettacoli di rara bellezza. Ogni 18 e 19 marzo, Poggioreale, un comune in provincia di Trapani, si veste di un’aria mistica e gioiosa, con altari imbanditi, pranzi sontuosi, fuochi d’artificio, processioni e grandi luminarie, per portare la devozione verso il santo a livelli d’impareggiabile magnificenza.

    Le origini della festa

    La Festa di San Giuseppe ha origini antichissime, risalenti alla fine del 1400. Le celebrazioni attuali, tuttavia, presentano sfumature ancor più remote, che rimandano al culto pagano di Cerere. Poco. Prima dell’arrivo della primavera, la dea veniva infatti celebrata per favorire il raccolto, l’abbondanza di grano e la ricchezza di frutti. In suo onore i romani erano soliti confezionare del pane antropomorfo che, non a caso, decora ancora adesso gli altari votivi dedicati allo sposo di Maria. Gli altari vengono in genere edificati nelle case di coloro che hanno la “prummisioni”, ossia una promessa fatta al Santo, ma possono sorgere anche in altri edifici. Nonostante le spese siano a carico di uno specifico individuo o nucleo familiare, i lavori finiscono per impegnare anche tutto il vicinato, che vi partecipa attivamente. Una settimana prima della festa, infatti, si riunisce un collettivo, che stabilisce i materiali da costruzione ed ordina i “panuzzi”, pani che vengono donati ai passanti che si fermano in preghiera. Questi prodotti da forno, spesso conditi con semi di finocchio ed abbelliti con del sesamo, possono essere consumati o custoditi come oggetti sacri, poiché benedetti durante un rito officiato dal prete.

    La preparazione degli altari

    La costruzione dell’altare, che ha l’aspetto di un piccolo tempio, parte dalla copertura delle pareti, che vengono rivestite con drappi di raso bianco, tulle e punti luce. Al centro della stanza si monta poi una struttura quadrangolare, a volte ricavata da un tavolo, sopra il quale si poggiano cinque ripiani degradanti. L’ultimo tra questi è quello sul quale viene adagiato il quadro o la statua di San Giuseppe, spesso inseriti in un sistema dotato di colonnine portanti e tetto a cupola. La scenografia viene poi resa impeccabile da enormi tovaglie di lino bianco, finemente ricamate a mano, che ricoprono l’altare dando l’effetto di una candida scala che sale fino in cielo.

    Ciò basterebbe a fare degli altari votivi dei luoghi di pace, raccoglimento e bellezza simmetrica ma qui, le mani di numerose artiste si impegnano in qualcosa di unico al mondo, la realizzazione degli “squartucciati”. Tali insoliti dolci, infatti, sono tipici di Poggioreale e vengono realizzati a partire da pasta sottile e fichi secchi. La pasta esterna viene lavorata a lungo, fino a creare intricati disegni ricchi di simboli religiosi, l’impasto interno è invece assai aromatico e ricorda vagamente quello dei “cucciddata”, grandi biscotti a forma di corona diffusi in tutta l’isola. Ogni “artaru” non manca mai della giusta dose di fiori, posti in ogni angolo della sala e, quasi sempre, solo di colore bianco. I più gettonati sono i gigli, simbolo di purezza e candore, ma anche le margherite, le rose, le calle, le orchidee, il lilium e le fresie. A dare colore, di contro, ci pensano gli agrumi, i cesti di frutta fresca, i dolci alle mandorle, la frutta di marzapane, i cannoli, le sfince, la pignolata ed i panini dalle mille forme. Tra queste la chiave, a simboleggiare il legame tra cielo e terra, il pesce, che richiama i concetti di miracolo, grazia, abbondanza e cristianità ed il calice, che indica invece il sacrificio e l’Eucarestia. Nulla di ciò che imbandisce l’altare viene però sprecato ed il cibo viene offerto durante un apposito pranzo, al quale partecipano tre persone, spesso bambini. Ogni “artaru” è inoltre caratterizzato da interessanti personalizzazioni, tocchi artistici che lo rendono unico nel suo genere, ma vi sono anche numerosi elementi onnipresenti. Tra di essi uno squartucciato a forma di cuore, posto nel punto centrale dell’altare e caratterizzato dalle iniziali dei membri della Sacra Famiglia, uno a forma di bastone, dedicato a San Giuseppe, ed uno a forma di palma, dedicato infine alla Madonna. Si aggiungono poi la famosa “Spera”, ossia un ostensorio fatto però di pasta di pane, e due pavoni di frolla lavorata a mano, a testimoniare l’immortalità dell’anima.

    Programma tradizionale della festa, dal pranzo dei poveri ai giochi pirotecnici

    Le celebrazioni iniziano privatamente, ad allestimento dell’altare compiuto, quando gruppi di devoti si riuniscono e recitano un rosario. Agli incontri di preghiera possono seguire brevi rinfreschi, fatti di dolci caserecci e calde bevande. La successiva apertura al pubblico è un momento altrettanto sentito, pregno di gioia e spirito di accoglienza, poiché gli altari possono essere visitati da qualsiasi passante, di qualsivoglia confessione religiosa. Annualmente, anche gli alunni delle scuole medie ed elementari vi si recano in visita, ricevendo in dono panini ed agrumi benedetti. Alcuni degli squartucciati esposti, vengono prodotti proprio dagli stessi studenti, che seguono un corso durante il quale apprendono le necessarie abilità pratiche. Sebbene uno degli eventi centrali sia la benedizione degli altari che si compie il 18 Marzo, il momento più toccante della festa si osserva alle ore 12:00 del giorno seguente, quando tre “poveri”, scelti tra quelli che vivono in contesti disagiati, vengono invitati ad uno speciale pranzo. Dopo la celebrazione della messa solenne, infatti, il capofamiglia “proprietario” dell’altare fa accomodare i suoi ospiti ad un tavolo dedicato, lava loro le mani e, con il vino, vi imprime il segno della croce. Poi, come segno di umiltà, pace, e comunione fraterna, le bacia. Subito dopo il sontuoso banchetto, nel primo pomeriggio i bambini giocano alle pentolacce, qui chiamate “pignateddi”, che rappresentano un momento di svago assai gradito. Le celebrazioni ufficiali proseguono quindi con il caratteristico passaggio della banda musicale, i vespri e la processione del patriarca San Giuseppe per le vie del paese. La giornata di festeggiamenti si chiude infine poco prima della mezzanotte, con un grande spettacolo di giochi pirotecnici, che illuminano di mille colori la Valle del Belice e gli occhi sognanti di grandi e piccini.

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